Regia Mandria

Indirizzo 10034 Mandria TO, Italia

Ubicata in aperta campagna, a 6 km a nord-est della città, la Mandria è un grandioso e simmetrico complesso di edifici in mattoni a vista, circondati da un reticolo regolare di appezzamenti agricoli. Ancora oggi, arrivando alla Mandria di Chivasso si possono riconoscere gli evidenti segni della razionalità settecentesca che la concepì.

La Mandria fu edificata per volontà del re Carlo Emanuele III di Savoia nel decennio 1760-70, quale azienda economica di proprietà regia, dipendente dalla Venaria Reale di Torino ed espressamente finalizzata ad incrementare e razionalizzare l'allevamento dei cavalli e in particolare delle puledre (la cosiddetta razza), destinate alla riproduzione per coprire i fabbisogni della corte e di parte dell'esercito.

Il complesso della Regia Mandria di Chivasso fu progettato dall'architetto Giuseppe Giacinto Bays con criteri pienamente funzionali. L'architetto progettò infatti tutti i fabbricati in modo che fossero disposti attorno ad un vasto cortile. Al centro di questo spazio fu costruito un grande abbeveratoio circolare per gli animali, che venne disegnato dal "regio machinista Mathej" e che è stato recentemente ricostruito, dopo essere stato distrutto alcuni decenni orsono. In base al progetto del Bays tutte le differenti tipologie di edifici, realizzati rigorosamente in mattoni a vista e carpenteria, trovarono una collocazione razionale. Le cascine che circondavano il fabbricato centrale vennero raccordate ad esso con una ordinata rete di strade; sui due lati est ed ovest del grande cortile furono innalzate costruzioni a più piani, destinate ad ospitare le dimore dei lavoratori e gli uffici del personale dirigente; furono realizzati fienili chiusi con grandi grate in legno per essere sempre arieggiati; sorsero inoltre i depositi degli attrezzi agricoli e, naturalmente, le stalle degli equini collocate sotto ordinate sequenze di archi.

Appena terminato il cantiere, Carlo Emanuele III, il 14 ottobre 1767, inoltrò al Vescovo di Ivrea la richiesta di istituire una parrocchia dedicata a Sant'Eligio Vescovo - patrono degli orefici, ma anche dei maniscalchi - facendosi carico del mantenimento del prevosto. La chiesa parrocchiale è tuttora in funzione, e fu anch'essa opera dell'architetto Giuseppe Giacinto Bays.

Gli avvenimenti storici modificarono più volte la destinazione d'uso e la stessa fisionomia del complesso della Mandria. In base ad un decreto del 1797 il tenimento divenne infatti "Bene Nazionale", concesso in affitto ad una società di ex nobili, adattatisi alla Rivoluzione Francese, che impiantarono nella tenuta un vasto allevamento di pecore di razza pregiata.

Con la Restaurazione la Mandria di Chivasso, seguendo la sorte del complesso di Venaria Reale, decadde lentamente. Nel 1834 entrambe le tenute persero il patronato regio e passarono alle dipendenze della Regia Intendenza di Finanza. Dopo un ventennio la tenuta chivassese fu messa all'asta e nel 1855 essa fu acquistata da un nobile, il conte Apollinare Rocca Saporiti, che però rifiutò di accollarsi il mantenimento del parroco.

Nella primavera del 1859 l'esercito sabaudo dispiegò le sue truppe nelle campagne dell'ex tenuta regia e nelle zone limitrofe, per fermare una eventuale avanzata dell'esercito austriaco.

Ancora in una circostanza l'ex tenuta sabauda poté comparire agli onori della storia. Alla vigilia della prima guerra mondiale, infatti, il vasto territorio pianeggiante dell'antico "tenimento regio", ospitò un campo d'aviazione e di riparazione di veicoli aerei. Nell'autunno del 1918 gli hangar di questo aeroporto militare furono trasformati in baracche, usate per offrire una ospitalità temporanea ai soldati di nazionalità polacca dell'esercito austro-ungarico. Infatti, a seguito degli accordi tra il Governo Italiano e il Comitato Nazionale Polacco di Parigi, fu realizzato alla Mandria di Chivasso un campo destinato ad accogliere i volontari dell'esercito polacco, allora in via di formazione, arruolati tra i prigionieri dell'esercito austro-ungarico.

Complessivamente il campo ospitò circa 22.000 militari polacchi, che nel corso del 1919 furono inviati in Francia, da dove poterono raggiungere la Polonia, che aveva da poco riacquistato l'indipendenza. Il piccolo cimitero della Mandria accolse i primi venti militari deceduti dopo l'arrivo in Piemonte e in loro memoria fu posta la lapide recentemente restaurata a cura dell'associazione "La Mandria monumentale". In seguito, perdurando una epidemia, alcune centinaia di militari furono sepolti anche nei cimiteri di Chivasso, Ivrea e Torino, dove riposano tuttora. Testimonianze fotografiche della permanenza dei soldati polacchi alla Mandria di Chivasso sono oggi raccolte in un album presente nel Museo Nazionale del Risorgimento Italiano a Torino.

Nel dicembre 1919 la tenuta della Mandria fu lottizzata e acquistata soprattutto da agricoltori. La maggioranza dei proprietari odierni è erede degli acquirenti del 1919.

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